L’agopuntura, al pari di altre terapie quali "omeopatia", la "omotossicologia", la "fitoterapie" ed altre terapie omologhe, è annoverata tra le pratiche terapeutiche "non convenzionali", che richiedono la specifica conoscenza della scienza medica e che realizzano un attività sanitaria consistente, cioè, in una diagnosi di un’alterazione organica o di un disturbo funzionale del corpo o della mente e nell’individuazione dei rimedi e nella somministrazione degli stessi da parte dello stesso medico o da personale paramedico sotto il controllo del medico.Lo ha stabilito la Cassazione, con la sentenza n.22528 del 21 maggio 2003, precisando che colui che esercita l’agopuntura, senza aver conseguito la laurea in medicina, commette il reato di esercizio abusivo della professione medica di cui all’art.348 c.p.L’agopuntura secondo la Suprema Corte è una terapia invasiva che, oltre all’effetto tipico ipnotico ed anestetico che essa provoca sul paziente, è esposta a tutti i rischi collegati ad intervento di tale natura, quali quelli di lesioni gravi causate da invasioni in parti non appropriate del corpo umano, senza contare il rischio di infezioni per uso di "utensili" non sterilizzati nel rispetto degli standards attualmente previsti e periodicamente verificati dai servizi sanitari.